Amplificatore per piezo

Giorgio Padoan ha scritto:

Apparte che non conosco una "configurazione dei finali tale ecc..." se non una (vado a memoria) Nakamichi (non Stasis, ho controllato) che, in pratica aggiunge in serie ai dispositivi di uscita un circuito di stabilizzazione serie zener+transistor (*)...

... in generale puo/poteva capitare con i finali RF per televisione (necessariamente a bassa distorsione, e senza la possibilita' di reazione). E anche in quel caso, un bel residuo di rete in serie al segnale di uscita, avrebbe significato una (o due o tre) bella striscia grigia verticale piu' o meno pronunciata.

Se non era chiaro, parlavo in generale: e' il progettista che comanda e lui compie le scelte.

Se l' alimentatore fosse non correttamente dimensionato per questo, si'. In maggiore o minore misura in funzione della quantita' di reazione.

E anche, visto che non me lo chiedi, se (l' alimentazione de)gli stadi iniziale ed intermedi non fosse(ro) adeguatamente disaccoppiati(a).

Io ci vedo solo "progettisti" che fotocopiano schemi senza capirne fino in fondo il funzionamento, e scelte progettuali di consuetudine, invece che di consapevole e libera scelta.

(*) Come, 25 anni prima, l' ampli di JL Hood, solo che lui aveva infilato quello stadio di regolazione nell' alimentatore.

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Englishman
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Englishman:

Se sono attuatori ha poco senso usare un amplificatore che non sia in classe D, il quale abbisogna di un'alimentazione molto stabile, oppure in classe G, che necessita di varie alimentazioni.

Con il classe D, se la frequenza di lavoro è sufficientemente alta, l'attuatore verrà visto come un corto circuito, cosa che costringe l'amplificatore a rimangiarsi tutta la corrente.

La soluzione migliore sarebbe un amplificatore in classe DE, ma è un brevetto Nokia.

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F. Bertolazzi

SB:

La principale è che è che, in un altoparlante magnetico, buona parte della potenza viene dissipata dalla bobina per effetto Joule.

Con un trasduttore piezo questo non avviene, quindi l'amplificatore deve dissipare anche questa parte di potenza. Chiaramente, viste le tensioni relativamente alte necessarie ad un piezo, l'amplificatore non può che avere un'uscita a ponte H.

Questo è un altro fattore che rende difficile il disegno di amplificatori per trasduttori piezo, in quanto essi non sono semplici condensatori, ma hanno una frequenza di risonanza, che ne abbassa ulteriormente l'impedenza ad una frequenza tipica del trasduttore.

Avevo poi letto qualcosa sui problemi dovuti alla corrente inviata al carico che se ne tornava tra i denti all'alimentatore, chissà, forse nel momento di transizione di commutazione dei due bracci del ponte.

Non solo: all'aumentare della frequenza l'impedenza di un trasduttore piezo diminuisce, anziché aumentare come farebbe uno a bobina. Si sa che alte correnti ed alte frequenze non si accompagnano volentieri nei transistor. ;-)

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F. Bertolazzi

Quel tipo di capsule piezo sono collegate sul secondario di un trasformatore alzatore di tensione. E' un componente molto critico che di solito si fa avvolgere ad -hoc. Il problema =E8 che la capsaula piezo perde molto di efficienza man mano che si scalda. Bisogna stare attenti anche alla risonanza tra capsula e trafo. Pensare di pilotare direttamente le capsule da un amplificatore a ponte =E8 da folli; si perviene a problemi simili a quelii per il pilotaggio di un mandrino di un CNC (200 Vdc trifase, vari ampere). I finali (darlington o IGBT) di tali servo sono fissati con pi=F9 viti diametro almeno 5 mm a dissipatori pesanti vari chili. Oltre alle ventole (plurale d'obbligo).

Piccio.

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Piccio

Piccio ha scritto: Ciao

Questa è una possibilità cui avevo pensato, ma che non ho indagato più di tanto

Critico in termini di?

Si questo si sa, ma finchè viene fatta lavorare entro i limiti per cui è stata progettata e oppurtamente dissipata, si spera faccia il suo sporco lavoro.

Questa era la prima perplessità che mi è venuta pensando al trafo. Quindi una criticità del trafo sarebbe quella di realizzare un secondario con induttanza tale che non risuoni con la capacità del piezo nella banda di interesse?

Beh, tutte le carte in regola non le ho:-) Tuttavia l'idea di pilotarlo con un circuito a ponte non è che sia particolarmente "originale"...penso si faccia. Io l'ho usato ancora, ma non dovevo arrivare a tensioni e correnti elevate come in questo caso. Forse il problema è quello?

si perviene a problemi simili a quelii per il

Che abbiano bisogno di elevate dissipazioni posso immaginarlo. Non ho capito la storie delle viti multiple...

Ciao,

***Marco***
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***Marco***

Englishman ha scritto:

Bel confronto!

No! La configurazione push pull col trasfo finale fa elidere (campi maghetici opposti sul nucleo) l'effetto del ripple che c'e' sul positivo ... e senza controreazione. Molti amplificatori per chitarra hanno un tale stadio finale.

Che c'entra mi fai domande da iscritto alla "Scuola radio elettra"... la risposta e' ovvia.

OK la pensiamo similmente. Ma il concetto che volevo esprimere e' che quando si progetta (O SI COPIA) un ampli di tali potenze lo si scheglie anche in funzione del tipo di alimentazione di cui abbisognano i finali. Per questo ho dato per scontato che non doveva esserci stabilizzazione oltre agli elettrolitici, prima ancora di vedere lo schema.

ciao giorgio

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Giorgio Padoan

Englishman ha scritto:

Non serve stabilizzazione ai finali. Non si parla mai sugli amplificatori di alimentatore unico...! ma di alimentazione ai finali ed agli altri stadi, tu stai facendo di + erbe un unico mazzo!

ciao giorgio

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Giorgio Padoan

Giorgio Padoan ha scritto:

Due correnti che scorrono in tempi diversi, si elidono? Come?

Ah, beh, se lo insegnano alla "scuola Radio Elettra"... probabilmente una buona maggiornaza di ROTFL-progettisti a tempo perso di amplificatori audio non la ha frequentata.

Sempre ovvie le cose, dopo che sono state dette.

Prima che inacidisci ulteriormente, non mi riferisco, in particolare, a te.

ampli di tali potenze lo si scheglie

Ho gia' detto come la penso.

E quindi ti potresti trovare costretto a inseguire un problema che ti sei creato da solo.

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Englishman

Giorgio Padoan ha scritto:

Che ti devo dire: la tua sfere di cristallo e' piu' pulita della mia.

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Englishman

"Englishman" ha scritto nel messaggio news:zT%Em.16521$ snipped-for-privacy@tornado.fastwebnet.it...

Il + che alimenta la presa intermedia del trasfo per alimentare (contemporaneamente) ad esempio due collettori possiede il suo ripple che contemporaneamente crea un campo magnetico in un senso passando per l'avvolgimento del BJT1 ed un campo magnetico opposto attraversando l'avvolgimento che va al BJT2. I campi se fai le giuste considerazioni sono opposti (perche dici non simultanei? che c'entra?) e si elidono evitando che il ripple si propaghi al secondario.

ciao giorgio

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Giorgio Padoan

Giorgio Padoan ha scritto:

Se parliamo di un amplificatore che amplifichi l' onda intera i cui dispositivi di uscita sono polarizzati in classe B i quali amplificano solo una semionda...

...le correnti dipendenti dal segnale nei BJT (o comunque, negli elementi attivi) scorrono in tempi diversi: nel momento in cui in uno dei due avvolgimenti scorre corrente (relativa alla maglia alimentatore+avvolgimento+elemento attivo), nell' altro avvolgimento non scorre alcuna corrente e quindi non c'e' nulla che possa "elidere".

Analogamente nel caso successivo: nella successiva semionda la corrente scorre nell' altra maglia, e nessuna nella prima maglia.

Perche' non capisco come, dal punto di vista fisico, un segnale presente in un tempo to possa (senza essere "memorizzato" in qualche modo, in circuiti di ritardo o affini) avere una qualsivoglia influenza su un segnale in un tempo t1=/=t0.

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Englishman

"Englishman" ha scritto nel messaggio news:ZTcFm.17038$ snipped-for-privacy@tornado.fastwebnet.it...

Diciamo polarizzati in AB, allora senza segnale d'ingresso il ripple tende ad elidersi. Con segnali di una certa importanza di meno ma con questi il rapporto ripple/segnale diventa sempre piu' basso. Naturamente ci sono sempre dei buoni elettrolitici per minimizzarlo.

ciao giorgio

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Giorgio Padoan

Beh, allora peccato non ci siano i Nobel per la matematica :-)

Ma in anticipo di quanto? 90 gradi? Un po' meno? Perchè se è una reattanza capacitiva pura mi risulta siano 90 gradi (forse intendevi mettere un'unità immaginaria da qualche parte?) In questo caso se riesci a dimostrare che l'integrale del prodotto di due sinusoidi sfasate di 90 gradi non è limitato lo facciamo costruire apposta per te il premio Nobel per la matematica.

Non può darsi che l'oggetto abbia un'impedenza che dipende da come è "caricato" (inteso come forza resistente applicata)?

Ciao

P.

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Pasu

Giorgio Padoan ha scritto:

Certo, infatti per semplificare il discorso, non avevo toccato questo argomento.

Appena esci dalla zona di polarizzazione in classe A, ed entri nella zona B, il rapporto (da, diciamo, zero) cambia immediatamente, e diventa quello che "esce" dall' alimentatore, che dipende, a sua volta, dalla corrente erogata (a parita' di tutte le altre componenti).

Diciamo che e' la soluzione piu' immediata e facile, ma ne esistono altre: i filtri R-C, L-C (magari a celle multiple), gli stadi di "capacitance multiplier", (

formatting link
), gli stadi di regolazione attiva basati su un riferimento costante (es. un elemento attivo serie, il cui terminale di controllo e' mantenuto ad un valore fisso da un apposito elemento/circuito).

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Englishman

Englishman ha scritto:

non credo: i due finali (bjt/mosfet/tubi) si comportano da generatori di corrente; il ripple (tensione) cade sui finali e non passa mai al trasformatore di uscita (salvo saturazione del finale per ampiezza eccessiva del segnale); la storia delle correnti che si elidono vale solo per l' annullamento della magnetizzante.

saluti

--
  lowcost
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lowcost

"F. Bertolazzi" ha scritto nel messaggio news: snipped-for-privacy@40tude.net...

Cmq al di la delle soluzioni da ditte specializzate, sicuramente valide, se si rimane nella classe AB io ritengo si debbano fare piu' amplificatori, forse 4 e poi sommarne la tensione in uscita, ciao giorgio

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Giorgio Padoan

Giorgio Padoan:

E, quindi, altrettanti alimentatori. Mi sembra una soluzione abbastanza demenziale.

Tra l'altro scommetto che, a controllare il segretissimo accrocco di

***Marco*** c'è un microprocessore, la cui uscita PWM può essere mandata in pasto direttamente o quasi a un finale a ponte H.
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F. Bertolazzi

F. Bertolazzi ha scritto:

cosa che un classe D (con il suo LC in uscita) puo' fare ad occhi chiusi, riciclando la potenza reattiva nelle alimentazioni; invece in un ampli "normale" verrebbero messi a dura prova i finali, costretti a lavorare nella zona piu' sfavorevole e pericolosa della SOA.

saluti

--=20 lowcost

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lowcost

lowcost:

Ripeto: la mia "esperienza" nel settore era solo lo studio di una AN (avrei giurato fosse TI, ma evidentemente mi sbaglio) relativa agli altoparlanti piezoelettrici per telefonino senza alcun LC.

A maggior ragione è quindi assurdo pensare ad altri tipi di amplificatore, meno efficienti, con tensioni di lavoro necessariamente doppie e meno facilmente controllabili digitalmente.

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F. Bertolazzi

F. Bertolazzi ha scritto:

Vorrei far notare ad entrambi, cosi' come mi affannavo a cercare di spiegare a Giorgio Padoan, che senza nulla sapere del trasduttore e di come venga impiegato, vanno bene "un po' tutte e nessuna" delle soluzioni.

Il trasduttore, potrebbe essere impiegato in una zona dell' impedenza caratteristica puramente resistiva ovvero in cui la parte resistiva e' confrontabile con quella capacitiva, diminuendo i problemi.

P.S.Il vero problema, quello che, vedo, non potra' mai essere risolto, e' quello del progetto segretissimo, "che se te lo dico, poi ti devo uccidere".

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Englishman

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